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Il giovane Victor Hugo contro la pena di morte

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L'ultimo giorno di un condannato
di Victor Hugo
Feltrinelli, 2016

Traduzione di Donata Feroldi
1^ edizione originale: 1829

pp. 176
€ 8,50 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)


Quando pensiamo a libri contro la pena di morte, ci viene subito in mente - vuoi per la sua risonanza, vuoi per ricordi scolastici - Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria. Pamphlet di invidiabile chiarezza e acume, certamente figlio dell'Illuminismo, a cui però è bene affiancare questo breve romanzo di Victor Hugo. Scritto in poco più di due mesi (tra novembre e dicembre del 1828) da uno scrittore ventiseienne, il libro trova pubblicazione anonima nel gennaio 1829 col titolo Dernier Jour d'un Condamné e suscita immediatamente lo scandalo. 
A destare più sconvolgimento è la scelta di un narratore omodiegetico, al tempo stesso io narrante e io narrato: se il pamphlet era un genere a cui ormai il pubblico era avvezzo, un romanzo intimistico che finge l'autobiografia di un condannato a morte è qualcosa di molto eversivo per l'epoca (e che ci tocca ancora oggi). Eppure Hugo, nell'adottare per la prima e unica volta il narratore interno, ha capito una cosa: solo così può raggiungere non tanto la mente, ma l'anima dei lettori, abbattendo le loro difese preventive.